Intervista cattiva di Alessandra Zacco

28 febbraio 2016
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Alessandra Zacco Giornalista free lance mi ha intervistato:

In vista della sfida delle Primarie di Savona per la candidatura a sindaco una lunga intervista, fatta di sole domande “cattive”, a Livio Di Tullio

I suoi “nemici” dicono che desidera candidarsi a sindaco perché al termine dell’attuale mandato potrebbe rimanere senza lavoro?

Per la verità sono e resto funzionario della Camera del Lavoro di Savona, in distacco per incarichi amministrativi. Quindi, non dovessi più avere un ruolo in Comune, torno alla mia occupazione. Il fatto di aver sempre potuto contare su di un impiego alternativo rispetto alla politica mi ha permesso di essere libero come amministratore pubblico. Una certezza che mi ha sempre dato grande serenità perché mi ha consentito di dire di sì o di no in base alle mie reali convinzioni.

E’ vero che lei ha solo la licenza media?

E’ falso. Ho frequentato le Industriali fino al quarto anno. Poi sono andato a lavorare ma mi sono diplomato da privatista. Quindi, si tratta di una polemica pretestuosa, degna del livello di chi la fa: “figli di papà” che si professano di sinistra, ma usano argomentazioni snob dimenticando che uomini del passato e del presente hanno fatto grandi cose pur avendo solo la quinta elementare.

Può chiarire la sua posizione dentro il PD?

Non ho mai fatto parte di una corrente organizzata del Pd. Non riesco ad irreggimentarmi anche se a volte, com’è avvenuto, ho scelto un segretario piuttosto che un altro. Non appartengo alla corrente Renziana ma penso che il Governo stia lavorando bene. Ci sono cose che condivido pienamente, altre sulle quali non sono d’accordo ma nel complesso e nella situazione difficile che attraversa il nostro Paese penso sia positivo che vada avanti.

Ho valori politici di riferimento tipici della sinistra riformista europea e cerco di essere coerente. Le sinistre in Italia e in Europa sono in crisi perché han perso di vista due fondamentali concetti di base: Democrazia e Uguaglianza.

Si spieghi meglio.

Un esempio: tutti desideriamo un’Europa unita, ma non abbiamo il diritto e la possibilità di scegliere il Governo europeo attraverso il voto. Se la politica dell’austerità che sta strangolando il nostro Paese e tanti altri fosse frutto di un governo eletto direttamente dai cittadini degli Stati membri, potremmo contestarne i metodi e le scelte ma il principio democratico sarebbe salvo.

Invece, la vita peggiora e non abbiamo strumenti per esprimere la nostra opinione, se non votare Governi nazionali che al massimo possono “aggiustare” le scelte imposte. Per me questa è la fine della democrazia ed è ciò che rende la politica inutile anche a livello nazionale perché oggi, se si vuol restare in Europa, si può andare solo in una direzione, quella imposta dalla Troika.

Quando molti cittadini dicono che non vanno a votare perché tanto non cambia nulla, fanno una cosa sbagliata partendo da un problema concreto.

L’altro tema è quello dell’Uguaglianza.

Le politiche dell’austerità europea hanno provocato un’ingiusta distribuzione del costo da pagare per tenere i “conti in ordine”. Penso sia corretto che il nostro Paese riduca il debito pubblico ma vedo che una piccola minoranza diventa sempre più ricca e una grande maggioranza fa sempre più fatica a stare in piedi. Se le persone devono rinunciare, in nome dell’Europa, all’ultimo modello di telefonino pazienza, ma se non mandano i figli all’Università perché non se lo possono più permettere, non solo non è giusto ma è negativo e controproducente per la crescita del Paese.

Secondo lei il successo del Movimento 5 Stelle e l’aumento dell’assenteismo elettorale possono derivare, anche, da questo modello d’Europa?

Certo. Se le persone non trovano una forza che con chiarezza affronta questi temi; se non si riconoscono in una classe politica che con coerenza persegue l’uguaglianza, almeno a livello nazionale e locale, mi pare naturale che vinca la protesta. Per battere il M5S e l’astensionismo basta solo essere onesti, combattere e rinunciare ai privilegi a partire dalla politica e dall’apparato statale dei Ministeri e delle Regioni, vere palle al piede del nostro Paese.

Intende dire che il “Pubblico” è paralizzante e troppo costoso?

Se per Pubblico intendiamo insegnanti, infermieri, poliziotti, dipendenti comunali, certamente no perché si tratta di eroi considerati gli stipendi che percepiscono e le responsabilità che hanno. Sopra di loro, però, si può tagliare tantissimo e si devono pretendere assunzione di responsabilità ed efficienza come nel privato. Lei è mai andata in Regione Liguria?

Qualche volta.

Ecco, basterebbe portare i cittadini una volta ogni tanto “in gita” dentro gli Uffici della Regione Liguria oppure in un Ministero a Roma. Resterebbero stupiti dalla quantità di Dirigenti pubblici ben pagati che non hanno nulla da dirigere, ma che per dimostrare che servono a qualcosa intralciano il lavoro di chi vuole darsi da fare per il bene della comunità.

Sulla sua pagina Facebook, non appena annunciata la decisione a correre per il ruolo di sindaco, ho letto inviti espliciti a desistere, fare un passo indietro, lasciare posto alle donne o comunque ad altri protagonisti e a non polemizzare coi vertici. Cosa risponde?

Innanzitutto, che non provo alcun risentimento verso coloro che non intendono sostenermi. In secondo luogo direi che il bello del PD è che se una persona decide di candidarsi e trova, dentro determinate regole, il sostegno degli altri iscritti lo può fare. E’ finito il tempo nel quale i candidati sindaci li sceglievano in 4 o 5. Le Primarie sono il metodo ordinario, non straordinario, di esercitare la democrazia interna. Se poi ne abbiamo paura alla luce del disastro delle Regionali dell’anno scorso, rispondo che non si può togliere un’opportunità alle persone perché noi – me compreso – abbiamo fatto un pasticcio. Comunque vada, ho detto e ribadisco che se perdo le Primarie darò una mano a chi le vincerà. I vertici del PD locale avevano un’altra idea: non consultare i cittadini e imporre una candidata, non ci sono riusciti.

Sulle donne ?

Essere un buon sindaco, ovviamente, prescinde dal sesso di appartenenza.

Io avrei visto bene la candidatura di Isabella Sorgini (attuale assessore alla Promozione sociale, casa, scuola, sanità, pari opportunità, ndr). Sarei stato felice di lasciarle spazio e mettermi a sua disposizione. Lei ha preferito non presentarsi e sostenermi. In ogni caso, chi non voleva me, non voleva neppure Isabella. La vera capacità di un politico è promuovere le persone e offrire loro delle opportunità. Io, nei confronti delle colleghe donne, l’ho sempre fatto: ho sostenuto Anna Giacobbe come parlamentare, Barbara Pasquali come segretaria cittadina del PD, la Sorgini come assessore.

Alla fine, però, i suoi avversari interni hanno scelto proprio una donna per contrastarla alle Primarie, un elemento di novità e discontinuità rispetto alla candidatura di Berruti.

Ho molta stima di Cristina Battaglia che ho conosciuto come dirigente della Regione Liguria. Come lei stessa ha sinceramente ammesso, non pensava di candidarsi a sindaco di Savona. Vive da anni a Genova e non penso che conosca quanto siamo cambiati e quante siano le potenzialità della nostra città. Che lei sia una novità è vero. Si tratterà di vedere se sarà una novità positiva o negativa e questo dipenderà dalla sua capacità di proporre progetti concreti per la città.

La discontinuità rispetto a Berruti invece non la vedo. E’ Federico Berruti che l’ha scelta ed è stato confermato sulla stampa dagli stessi protagonisti. Non mi pare una bella cosa visto che si è anche tentato d’imporla senza Primarie. Quando un sindaco uscente sceglie il suo successore, la continuità è evidente.

Evviva. Finalmente una nota polemica!

Se uno racconta quel che è successo non fa polemica. Sono loro ad aver detto che le cose sono andate così, non io. Comunque, per quanto mi riguarda, la “polemica” finisce qui.

L’edilizia del Crescent, nelle aree ex Italsider, ha dato “notorietà” nazionale a Savona (e al partito che l’ha governata negli ultimi decenni) come uno dei Comuni più sensibili al fascino degli immobiliaristi. Mi racconta brevemente com’è andata?

Penso che si confonda un fenomeno che ha coinvolto Europa e Stati Uniti, ovvero la fine dell’industria pesante e in particolare della produzione dell’acciaio, come un fatto meramente locale. Ovunque si sono verificati fatti analoghi a quelli di Savona e ovunque le aree industriali dismesse sono state riconvertite ad utilizzi residenziali o commerciali. La differenza vera tra l’Italia e gli altri Paesi europei è che da noi importanti aree sono state vendute dallo Stato ai privati per fare cassa e tappare i buchi. A Savona sono state cedute quelle di proprietà Italsider, l’area dell’ex stazione e dell’ex Metalmetron. In altri Paesi europei, lo Stato ha saputo conservare gran parte delle aree dismesse e riutilizzarle per finalità pubbliche.

Ma la teoria in base alla quale il fallimento della fabbrica sia stato pilotato ad arte per far posto all’edilizia privata?

E’ una teoria priva di fondamento dimostrata dal fatto che l’indagine della Magistratura è stata archiviata. Aggiungo che non c’era relazione tra le aree di proprietà Italsider – che l’Italsider, vendette ad Orsa 2000 per realizzare abitazioni tra la ferrovia e le terrazzette – e le aree di proprietà demaniale gestite dall’Ente Porto che a sua volta le aveva storicamente concesse ad Italsider. OMSAV doveva continuare l’attività industriale nelle aree demaniali – quelle tra la ferrovia e il mare – e sicuramente c’era un interesse di Aldo Dellepiane a subentrare nella gestione di OMSAV che in quel momento era in crisi e non poteva proseguire l’attività industriale.

Però si accusa Dellepiane di aver sapientemente provocato il fallimento di OMSAV.

A mio parere Dellepiane non aveva alcun interesse a far fallire OMSAV e non per motivi sentimentali o perché fosse un benefattore ma perché subentrare in OMSAV e farla funzionare era un ottimo affare visto che era una delle più belle officine meccaniche d’Italia a filo di banchina, dove si potevano realizzare manufatti di dimensioni non realizzabili in altri luoghi. Inoltre essendo anche socio in ORSA 2000, credo sapesse bene che il fallimento avrebbe rallentato l’operazione di riconversione edilizia come poi, in effetti, accadde. OMSAV è fallita perché gli istituti bancari creditori hanno pensato di recuperare di più da un fallimento che da una prosecuzione dell’attività, attraverso un concordato che avrebbe tagliato i loro crediti.

E la storia in base alla quale fu lei, in veste di sindacalista, a chiedere ai lavoratori di investire il TFR nella nuova azienda promessa da Dellepiane ?

Poco prima che le banche rifiutassero la proposta di concordato avanzata da Dellepiane, poiché io ponevo la condizione che assumesse in OMSAV tutti i lavoratori, mi fu detto che sarebbero stati assunti a patto che anche loro dimostrassero di credere nella nuova azienda. La proposta non mi convinceva ma era comunque giusto portarla all’attenzione dei lavoratori che a stragrande maggioranza la respinsero. La fabbrica fallì poco dopo ma certamente non per quella risposta negativa.

Si accusano anche la CGIL e l’allora segretario Giancarlo Pinotti di aver tramato con Dellepiane per farsi regalare, o comunque pagare poco, la sede in via Boito del Circolo ricreativo dei lavoratori dello stabilimento, che ancora oggi è della CGIL.

Questa è l’unica cattiveria riferita al passato che mi ferisce profondamente perché coinvolge un uomo onesto e perbene come Gian, che non si può difendere perché è mancato molto tempo fa.

L’ILVA gestione immobiliare aveva deciso di vendere la sede del dopolavoro. La propose ai soci della SMS interna che ne rifiutarono l’acquisto. Allora Gian si fece avanti e propose di acquistarla insieme a CISL e UIL. Gli altri due sindacati non si resero disponibili perché la ritenevano troppo piccola per tutte e tre le Organizzazioni. A quel punto Pinotti decise di acquistarla come CGIL e fu regolarmente pagata per il valore di allora. Anche su questo non ci fu alcun rilievo da parte della Magistratura.

Dopo il fallimento dell’OMSAV cosa successe agli operai e alla fabbrica?

Non furono momenti facili ma alla fine lavorammo per trovare una soluzione accettabile. Alcuni rientrarono nei programmi di prepensionamento; altri iniziarono a svolgere Lavori Socialmente Utili negli Enti Locali della zona, posti che furono poi trasformati in contratti a tempo indeterminato; altri furono assunti in aziende del territorio. Per strada non rimase nessuno. I capannoni industriali destinati alla fabbrica ci sono ancora e li utilizza il Porto.

Lei cosa pensava dell’operazione immobiliare sulle aree vendute ai privati?

Ero contrario. Non per motivi ideologici ma perché pensavo che portare delle residenze a ridosso di un’area portuale/industriale avrebbe penalizzato quest’ultima. Detto questo, e tornando al 2016, direi che il tema è ormai argomento per gli storici. Non so quanto sia interessante, ad esempio per i giovani che frequentano abitualmente la Darsena così com’è oggi, una discussione che va avanti dal 1994. Chi la fa ancora mi ricorda quei soldati giapponesi che continuarono a combattere per anni, anche dopo la fine della guerra.

In quell’area, se non ricordo male, c’erano 130 mila mq destinati ad attività produttive, 100 mila sono rimasti tali e li utilizza il Porto. Gli altri 30 mila sono stati oggetto di una riqualificazione residenziale che, insieme ad altre, ha riconvertito aree tradizionalmente destinate all’industria. A me non piaceva ma è da stupidi non riconoscere che ora quella zona, insieme alla vecchia darsena, è più bella e vivibile di prima, così come è positivo aver riqualificato le aree intorno al Priamar e davanti al Brandale. Ricordo bene com’erano. Non c’è dubbio che oggi siano notevolmente migliorate.

Ma non è finita: si dice che lei e Berruti abbiate autorizzato un nuovo palazzo, Il Crescent 2

Anche questo non corrisponde a verità. Il Crescent 2 fu approvato nell’ambito dello stesso progetto che autorizzò il primo Crescent. Da progetto iniziale avrebbe dovuto ospitare una Residenza Turistico Alberghiera e alcuni uffici. I proprietari, però, desiderano realizzare altre abitazioni.

L’opinione di Berruti e anche la mia è che, considerato che il volume comunque si farà, sia opportuno concedere loro il cambio di destinazione d’uso esigendo ricadute pubbliche che diversamente non avremmo e che ci consentano, in cambio, di realizzare opere pubbliche quali: la ristrutturazione dell’Ostello della Gioventù sul Priamar chiuso da anni; il recupero del fossato del Priamar; l’acquisto da parte dei proponenti di appartamenti in città da girare in proprietà al Comune per destinarli alle persone che non si possono permettere un affitto da libero mercato.

Le dispiace d’essere dipinto come un “palazzinaro” speculatore edilizio?

Chi lo dice non sa di cosa parla. L’amministrazione Berruti, con me assessore all’Urbanistica, non ha fatto speculazioni edilizie. Anzi. Ha ridotto i volumi, in particolare quelli residenziali e sulle aree verdi. Su questo argomento come su quello della fine dell’industria pesante, si confondono fenomeni economici internazionali con peculiarità locali.

Chi ci critica prima di tutto non studia. La bolla speculativa immobiliare è stata un fenomeno economico internazionale degli ultimi vent’anni che, nel recente passato, ha determinato anche a Savona una crescita ingiustificata del valore degli immobili con conseguente spinta a costruire, anche se in misura minore rispetto ad altre città. Noi, semmai, tale spinta l’abbiamo contrastata anche se ha avuto inizio prima che entrassimo in Comune. E’ stata una specie di morfina che ha drogato il sistema, facendo girare ricchezza finta. Ora è finita. Ha prodotto molti danni e siamo passati da un eccesso all’altro. Il nostro solo obiettivo era ed è favorire la riconversione ecologica del patrimonio immobiliare esistente e recuperare al meglio le aree dismesse.

Parliamo di Tirreno Power. Lei sa, vero, che il PD è accusato di connivenza con l’azienda?

Le responsabilità dell’azienda sulla situazione che si è venuta a creare sono gravissime. Costoro avevano acquistato da una società pubblica come l’ ENEL una centrale sulla quale erano stati fatti importanti investimenti in tecnologia e da allora hanno solo “spremuto” gli impianti senza fare interventi per ridurne l’inquinamento. Tutte le amministrazioni che si sono succedute a Vado e Quiliano hanno incessantemente chiesto al ministero dell’Ambiente di intervenire ma hanno sempre trovato un muro di gomma che ha consentito all’azienda di continuare a fare quello che voleva. I nostri Amministratori sono vittime non complici di Tirreno Power.

Sul potenziamento proposto da Tirreno Power eravate d’accordo?

No. Abbiamo sempre sostenuto che si dovevano rifare totalmente i gruppi esistenti. Questo avrebbe consentito di avere maggiore produzione e minore inquinamento. Fu il centrodestra a sostenere la proposta di Tirreno Power. Quando poi è arrivata la crisi, la proprietà ha rinunciato ad investire e ha proposto interventi tampone che servivano solo a sfruttare ancora un po’ l’impianto per poi chiuderlo definitivamente. Il risultato di queste scelte è sotto gli occhi di tutti.

Il PD, di conseguenza, è anche accusato di essere responsabile dei morti causati dalla centrale.

Non un singolo amministratore pubblico dei Comuni di Vado e Quiliano è stato mai informato dagli organismi pubblici preposti ufficialmente alla tutela della salute, del fatto che la produzione della Centrale causasse decessi. Un sindaco non può ordinare la chiusura di un impianto senza dati certi ed inoppugnabili alla mano. A farlo è stata poi la Procura incaricando dei periti. Al termine del processo penale, che prima o poi si farà, scopriremo tutta la verità e le effettive responsabilità.

La sua opinione sulla produzione di energia elettrica con il carbone?

Credo che la ricerca tecnologica consentirà nei prossimi vent’anni di abbandonare questo tipo di produzione. Ritengo sia stato un errore consentire in Italia la privatizzazione della produzione dell’energia elettrica perché produrre da carbone è altamente inquinante e solo il pubblico può garantire che questa produzione venga svolta con la massima attenzione all’Ambiente e alla salute dei cittadini, piuttosto che al profitto. I governi di centrosinistra hanno fatto tantissimo nel campo dello sviluppo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico. Dubito che la centrale di Vado Ligure riprenderà a produrre a carbone. Troppo alti i costi d’investimento necessari rispetto ai profitti attesi. Ma è una mia opinione. La sfida che a questo punto si apre è sulla riconversione del sito, sulla bonifica delle aree e sulla creazione di nuovi posti di lavoro.

Tornando a Savona e alla tutela ambientale parliamo di Bitume e fumi delle navi Costa.

La questione Bitume nasce tra il primo e il secondo mandato del sindaco Berruti, quando io ero segretario provinciale del PD, quindi fuori dall’amministrazione comunale. Il problema è stato sottovalutato perché un deposito di Bitume lì non può stare. Quando il problema è emerso me ne sono occupato incaricando il mio settore di svolgere un’indagine approfondita. E’ risultato con chiarezza che il Piano Regolatore Portuale non prevede depositi di prodotti petroliferi in quella zona. Quindi, c’è stato un errore da parte dell’Autorità portuale che in veste di responsabile del procedimento doveva verificarne gli aspetti.

Detto ciò, quell’impianto messo lì non va bene non tanto perché sia pericoloso di per sé – il Bitume non è essenza di menta ma nemmeno plutonio – ma perché oltre al rischio di emanazione di odori sgradevoli comporta un notevole aumento del traffico su gomma e per avere 6/7 nuovi posti di lavoro, non mi sembra opportuno stravolgere una realtà che, tra l’altro, registra la presenza di un elevato numero di croceristi e di cittadini. Ormai il nostro futuro è nel turismo e le attività portuali, alle quali non intendiamo rinunciare, devono essere necessariamente compatibili con questa vocazione.

I fumi delle navi da crociera?

Per quanto riguarda i fumi delle Costa il problema non è di facile soluzione: da una parte c’è l’indubbio vantaggio turistico ed economico per la città di avere una nave da crociera che attracca in pieno centro storico; dall’altra ci sono le emissioni che disturbano i residenti in darsena.

Al solito corriamo il rischio di mettere l’ambiente contro il lavoro. L’obiettivo è rendere compatibile la presenza delle navi con la vita dei savonesi perché non possiamo rinunciare ai posti di lavoro prodotti dalla Costa Crociere. Non sono problemi che si risolvono dalla sera alla mattina, ma solo con impegno e confronto continui. Soprattutto si dovrebbero risolvere con nuove norme a livello nazionale ed europeo perché il mercato delle crociere è caratterizzato da una forte concorrenza internazionale. In pratica, se in un porto per farci scalo devi avere dei costi aggiuntivi rispetto ai concorrenti è inevitabile che le grandi compagnie si spostino alla ricerca di soluzioni meno costose. Tuttavia, è possibile intervenire e migliorare notevolmente la situazione rispetto ad ora. Finora, nel mio ruolo, non ho potuto dedicarmi approfonditamente alla questione, ma è mia intenzione farlo nel caso in cui dovessi essere eletto sindaco.

Alla luce dei fatti elencati fin qui, molti accusano l’amministrazione Berruti e più in generale il Pd di aver tralasciato con troppa leggerezza ambiente e salute dei cittadini.

Non è così. Quello che è vero è che sui Comuni si scaricano tutti i problemi ambientali anche quando questi non hanno voce in capitolo. Il mio obiettivo sarà di occuparmi in maniera puntuale e decisa di questi aspetti, anche se altri Enti mi spiegheranno che non sono di nostra competenza. Dovessi vincere, il prossimo assessore all’Ambiente non sarà una figura politica ma un tecnico di competenze elevate ed indiscutibili. La tutela dell’ambiente, la gestione dei rischi idrogeologici, il tema dei rifiuti non sono questioni di destra o di sinistra, ma riguardano tutti. Si tratta di obiettivi trasversali che bisogna perseguire a prescindere dal colore politico perché la qualità ambientale è uno degli elementi decisivi nello sviluppo di una città, specie se a vocazione turistica.

Lei ha più volte detto che il suo progetto per Savona è rivolto a tutti i cittadini. Anche a quelli che votano a destra o Movimento 5 Stelle. Conferma?

Sono un uomo di sinistra. Tutti lo sanno. I miei ideali e i miei valori non mi hanno però mai impedito di parlare con chiunque. Io non ho mai chiesto ad un cittadino che cosa votasse. Ho ascoltato quello che voleva dirmi e propormi e se pensavo fosse una buona idea per la città o fosse una cosa giusta, ha avuto il mio sostegno. Non farò mai alleanze con forze politiche fuori dal centro sinistra ma le persone sono un’altra cosa. Io propongo un progetto per la città, se una persona è d’accordo e vuole contribuire per me è positivo a prescindere da come la pensa, da quali siano le sue idee politiche o la sua storia.

Le domande più pungenti su di lei e sul suo partito mi sembra di avergliele fatte e la ringrazio per le risposte. Vuole aggiungere qualcosa?

Abbiamo parlato solo del passato, mi farebbe anche una domanda su come immagino il futuro della nostra Città?

Certo. Anche più di una.

Il resto alla prossima puntata.