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Savona smart city, perché no?

22 ottobre 2014
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In questo periodo storico connotato da una delle peggiori crisi dell’economia a livello internazionale e caratterizzato dal fenomeno dell’inurbamento a scala globale, si parla sempre di più di limitare i consumi, di rendere maggiormente efficienti i servizi, di investire sulle energie rinnovabili e di ridare centralità alle persone soprattutto nei contesti urbani e cittadini. Tutti questi obiettivi (e non solo) rientrano nel paradigma della smart city. Cosa sono le smart cities? Letteralmente si traduce come città intelligenti, ma anche amichevoli, brillanti, alla moda. Approfondendo l’analisi testuale di tale nomenclatura si tratta di un concetto – sviluppato nel contesto del paradigma dello sviluppo sostenibile – inerente la pianificazione e la gestione dei processi di sviluppo delle aree urbane e dei loro territori. La “città intelligente” è una città che guarda al futuro all’insegna dei principi dello sviluppo sostenibile ( equilibrio economico, equità sociale, tutela ambientale, garanzia istituzionale).

Io sono Luca Ottonello, dottore magistrale in Valorizzazione Culturale del Territorio e del Paesaggio, già dottore in Scienze Geografiche applicate al Territorio, al Turismo e al Paesaggio Culturale. Ancor prima di questo sono un cittadino albisolese venticinquenne, divenuto Assessore al Turismo della mia città da pochi mesi e vincitore per l’edizione 2014 della borsa di studio “Comune di Savona: storia, funzioni e servizi dell’Ente Locale” erogata dallo stesso Comune con la mia tesi di laurea magistrale intitolata “Smart cities e smart territories: il caso del Savonese”.

Il mio lavoro di ricerca universitaria ha rivolto l’attenzione ad una tematica relativa a fenomeni ancora poco conosciuti dall’opinione pubblica e talora anche sottovalutati da molti, ma quanto mai attuali e all’ordine del giorno di specifici gruppi di lavoro della Commissione Europea, di strategie e progetti che godono di finanziamenti comunitari per l’arco temporale 2014-2020 ( Horizon 2020, Smart cities and Communities, Europa 2020, SET-Plan, etc…) e di una sfera di interesse tale che ha portato il Governo Italiano ad assegnare una delega ad hoc per le smart cities all’attuale Sottosegretario allo Sviluppo Economico On. Simona Vicari. Queste brevi note per testimoniare il fatto che non si parla proprio proprio di “aria fritta”…
La mia ricerca di studio è nata dalla suggestione di voler provare a verificare se il territorio dove sono nato e cresciuto e verso il quale nutro forti sentimenti di appartenenza, potesse essere pronto a rispondere ad una sfida innovativa e stimolante, sebbene ardua e faticosa. Mi sono posto, così, l’obiettivo di individuare le risorse e le opportunità che il Savonese (inteso come area comprensoriale che comprende i comuni di Albisola Superiore, Albissola Marina, Savona, Quiliano e Vado Ligure) offre nell’ottica dello sviluppo sostenibile locale e il suo grado di congruenza con il paradigma delle smart cities e degli smart territories. In altre parole, l’intento è stato quello di provare a vedere se il territorio prescelto, totalmente vergine (o quasi) sotto il punto di vista di un progetto smart city, potesse essere suscettibile di un progetto di sviluppo in chiave sistemica secondo i principi teorici della smartness urbana.

Il focus del mio lavoro è stato condotto sulla base di una mappa concettuale sotto forma di tabella contenente una serie di indicatori di tipo quantitativo e qualitativo suddivisi per ogni asset strategico che caratterizza una smart city: smart environment, smart mobility, smart economy, smart people, smart governance, smart living. Per ogni indicatore sono stati raccolti ed elaborati dati o, in assenza di questi, di informazioni e progetti che restituissero, benché solo da un punto di vista qualitativo, un’idea delle iniziative avviate da soggetti pubblici e/o privati sul territorio. La ricerca è stata svolta sulla falsa riga di ricerche scientifiche autorevoli come “European Smart Cities” e “iCity Rate, rispettivamente realizzate da centri di ricerca internazionali (come il Centro di Scienze regionali dell’Università della tecnologia di Vienna ed è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Geografia dell’Università di Lubiana e l’OTB Istituto di ricerca per gli studi di Mobilità, Abitazione e Urbanistica dell’Università della tecnologia di Delft) e nazionali (come iCityLab di Forum PA).

Lo scenario risultante dalla presentazione dei dati e degli aspetti qualitativi derivanti dagli indicatori utilizzati per l’analisi del grado di sostenibilità e smartness dell’area Savonese considerata, ha denotato, nel complesso, una situazione disaggregata e disorganizzata. Vanno richiamate le premesse con cui ho iniziato il mio lavoro in cui mi è risultato chiaro fin da subito che il territorio scelto non presentava nessuna impostazione formalizzata di progetti volti allo sviluppo intelligente, ma semmai solo iniziative isolate, non organizzate secondo una logica sistemica e di piccola entità. Dalla situazione risultante si è evinto chiaramente quali sono tutt’oggi le criticità e le potenzialità del territorio, di cui bisogna tener presente, e che riguardano l’assenza e la necessità di un approccio di rete tanto auspicato quanto fondamentale per le caratteristiche geografiche e funzionali di un territorio come quello di nostro interesse.

A questo proposito, contemporaneamente alla stesura del mio lavoro, sono venuto a conoscenza del progetto “Distretto Smart Comunità Savonesi”, progetto avviato nel mese di dicembre 2013 e che presentava caratteristiche e finalità perfettamente aderenti e coerenti ai principi teorici della mia ricerca. Negli obiettivi di tale piano di lavoro risulta determinante, soprattutto per un’area urbana identificata come una conurbazione, come quella savonese, consolidare forme partecipative o di visione comune sotto forma di “distretto” perché rappresenta una dimensione urbana e territoriale ottimale in base alle caratteristiche dell’area e ai fini dell’implementazione di programmi ed azioni innovative sul territorio savonese e che garantisce, inoltre, la possibilità di poter accedere ai bandi regionali, nazionali ed europei che saranno emessi sul tema smart cities e smart communities. Sulla base di queste premesse, la proposta per avviare un progetto di sviluppo sostenibile “intelligente” è partita dal Comune di Savona, il quale ha invitato e convinto le amministrazioni di alcuni dei comuni limitrofi (Albisola Superiore, Albissola Marina, Quiliano, Vado Ligure e Bergeggi), gli istituti di ricerca, gli enti e le aziende pubbliche locali a sottoscrivere un Protocollo d’intesa atto a formalizzare la presa in carico dell’impegno per costituire il “Distretto Smart Comunità Savonesi”. Nell’ambito di questo progetto i soggetti firmatari si sono impegnati con lo scopo di costituire un “distretto smart” per la cooperazione sul tema delle città e delle comunità “intelligenti” e per la definizione di programmi congiunti e integrati di iniziative concrete sul territorio, nei vari ambiti quali energia, mobilità, ICT, ambiente, fonti rinnovabili, illuminazione pubblica, sanità, servizi ai cittadini e ai turisti. Sebbene il piano ufficiale degli interventi, sia a livello sistemico-distrettuale sia a livello comunale, si trovi ancora in fase di incubazione, negli ultimi anni il territorio savonese ha mostrato comunque una certa sensibilità ai temi della sostenibilità nelle sue diverse forme, seppur senza una regia e un’azione concertata tra gli attori del territorio. Il savonese ha visto avviare iniziative di vario genere, trasversali per genere e settore di applicazione, talune con basse pretese e circoscritte ad ambiti ristretti, altre con qualche prospettiva più audace.
I Comuni del Savonese, dal canto loro, dovranno essere in grado di individuare le opportunità che lo sviluppo tecnologico offre al giorno d’oggi e saper valorizzare un ambiente creativo in cui promuovere l’innovazione contando sulle risorse e i luoghi dedicati e già operativi sul territorio (le aziende e i centri di ricerca all’interno del Campus universitario di Legino, realtà virtuosa e promettente); dovranno avere una visione strategica del proprio futuro, incentivare l’uso di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale (autobus elettrici, a metano o ricaricabili ad induzione), promuovere campagne di sensibilizzazione tematiche, migliorare e ampliare l’offerta dei sistemi di mobilità alternativa esistenti (bike e car sharing, estensione della rete ciclabile), rendere più efficienti i sistemi di trasporto urbano; razionalizzare il patrimonio edilizio, dotando gli edifici di sistemi “intelligenti” che regolino i consumi, risparmino energia e possano autoalimentarsi (certificazione energetica degli edifici, smart grids, teleriscaldamento); investire sempre di più nell’energia prodotta da fonti rinnovabili (solare, termica, eolica), in un diverso e più sostenibile sistema edilizio e di mobilità urbana. Tra i requisiti richiesti alle città di domani c’è un elevato livello di qualità della vita, dove gli spazi urbani sono più vicini ai desideri della collettività, aiutano le persone a muoversi in maniera più agevole, ottimizzando il tempo. Le amministrazioni devono stare al passo con i tempi, cogliere le richieste della comunità e porsi come gli interlocutori che sappiano fornire supporti decisionali, servizi di assistenza, e modalità di gestione in modo coordinato, veloce e accessibile dalle Amministrazioni stesse e dagli altri attori territoriali quali le imprese, le società erogatrici di servizi, i gestori dei beni culturali coinvolti nel progetto attraverso una serie di azioni volte a migliorare l’efficienza, la reattività e la flessibilità dell’offerta e ridurre i costi di gestione, quali principali obiettivi di ogni progetto di razionalizzazione e ottimizzazione (l’offerta della filiera turistica tra le priorità).
Questo è possibile nel Savonese, nel senso lato di questo mio contributo, perché il capoluogo di per sé date le sue dimensioni territoriali e demografiche non raggiungerebbe da solo la massa critica per sostenere e mantenere attivi e competitivi alcune tipologie di servizi e di progetti, invece un approccio sistemico a livello territoriale, una logica di rete è la chiave per poter allargare la partecipazione, incrementare l’efficienza dei servizi e aumentare lo stile di vita dei cittadini.

In conclusione, credo che Savona debba cogliere l’occasione della “crisi” per sfuggire dall’immobilismo, scacciando la diffidenza tipica della gente locale e investendo sulle proposte innovative e sul progresso tecnologico per cui sembra aprirsi qualche spiraglio. Dovendo ripartire, la città può organizzarsi e pianificare avendo a disposizione conoscenze e tecnologie migliori rispetto al passato e sempre più idonee a consentire uno sviluppo sostenibile. La connotazione geografica avvicina Savona ad una configurazione urbana a “misura d’uomo”. Le dimensioni di piccola città con problemi di traffico – sui quali è possibile intervenire – e inquinamento contenuti, la vicinanza al mare e alle zone verdi dell’immediato entroterra, l’elevata sicurezza sociale delle strade, le caratteristiche climatiche favorevoli fanno di Savona una città vivibile e quindi attraente per le famiglie e per gli imprenditori interessati ad una buona qualità della vita e ad investire magari proprio per questo in un terziario avanzato. A mio avviso, ogni sforzo che andrà nella direzione di migliorare le vie di comunicazione e le infrastrutture, ottimizzare le risorse e combattere gli sprechi, tutelare l’ambiente ed i suoi abitanti, ricercare soluzioni moderne e compatibili per le esigenze produttive ed economiche influirà indirettamente ma efficacemente su tutti gli aspetti tangibili ed intangibili per fare di Savona una “Smart City” a tutti gli effetti.
Infine, penso e sostengo che le città e i territori si trovino a dover affrontare una sfida, più culturale che economica, attraverso strategie intelligenti in grado di trasformarli in forze motrici reali di uno sviluppo sostenibile, grazie ad azioni volte a migliorare la qualità della vita dei cittadini e, allo stesso tempo, per rilanciare l’immagine della città a livello nazionale ed internazionale. Tuttavia, al fine di costruire città migliori, le tecnologie da sole non sono sufficienti: se non ci sono contenuti dietro e utenti cui offrirle, le città restano zone passive ed inerti.


Scritto da: Luca Ottonello, Assessore al Turismo di Albisola Superiore


Cultura : è l’ora di osare. Le opinioni di una “foresta”

15 aprile 2014
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Ne ho viste di città e non ho mai amato quelle che non fossero grandi, smisuratamente grandi. Ma quando sette anni fa misi piede a Savona, forse perché c’era il sole, forse perché avevo bisogno di respirare in uno spazio più ristretto, presi il cellulare e chiamai mia madre. «Mamma, è qui che voglio vivere», dissi. E quando lei stupita mi chiese perché, risposi con la sola cosa che sentivo profondamente vera: «perché qui c’è una luce che… Perché penso che qui non sarò mai infelice».

Infatti è a Savona che ho acquistato la mia prima casa ed è qui che, dopo tanto girare, mi sono fermata. Per un po’, non so per quanto. Certo la luce è rimasta; la promessa di felicità a volte ha vacillato, com’è normale che sia. Ma infelice, a Savona, io non sono mai stata.

Se ho fatto questa premessa è perché vorrei comunicare soprattutto il fatto che Savona la sento casa mia: sono siciliana ma nello stesso tempo mi sento savonese e con un certo orgoglio lessi che qualche giornalista frettoloso ma forse dotato di intuito, mi definiva “scrittrice savonese”. Il che per dire che se a volte imputo colpe ai miei concittadini, se dico cose di Savona che non mi piacciono, non è perché non la ami ma, anzi, perché la amo davvero e dunque, come agli amici più cari, non posso perdonarle nulla, perché mi piacerebbe che fosse perfetta.

E piccoli peccati Savona ne ha come ogni altro luogo. Uno però è forse il “peccato originale”, a Savona non sedimenta nulla perché Savona crede poco in se stessa. Una colpa gravissima per chi come me si occupa a vario titolo di cultura che è per eccellenza un ambito nel quale le stratificazioni e le sedimentazioni fanno la differenza tra ciò che vale/resta e ciò che invece si risolve in facile “eventismo” da sagra paesana.

Arrivando qui e venendo da una regione come la Sicilia che ha pochi centri ma mediamente di grosse dimensioni, notai alcuni dati inquietanti: 1) l’offerta di cultura e spettacolo a Savona è sproporzionata rispetto alla domanda; 2) nonostante ciò, molti preferiscono viaggiare per seguire musica e teatro; 3) la cultura, in linea generale, è appannaggio soprattutto di un pubblico di età medio-alta.

Naturalmente non si tratta di affermazioni assolute, vorrei essere chiara, e non dico nemmeno che chi di cultura si occupa non cerchi di intervenire in questo senso ma, come si usa dire, è un trend che non credo giovi alla crescita culturale del territorio.

A Savona l’ampiezza dell’offerta, invece di rendere il pubblico più vitale lo àncora all’abitudine. Così, frequentare il Chiabrera o il Priamar in estate è qualcosa che ha più a che fare col “doverci essere” che con un reale bisogno di approvvigionarsi di strumenti culturali. Savona, oltre a tutta una serie di iniziative minori di enorme importanza e che non citerò per evitare di dimenticarne qualcuno e oltre a un numero altissimo di associazioni culturali che spesso purtroppo si risolvono in comunità dal vago sapore dopolavoristico, ha un teatro di tradizione, un’associazione musicale che concretizza il suo impegno attraverso spettacoli musicali cameristici e sinfonici, una scuola di musica, un centro culturale in cui convergono cinema, musica e teatro. Il pubblico savonese però è fisso sull’abitudine e dunque spesso non sceglie, adagiandosi sulla proposta in maniera acritica, salvo poi riservarsi di criticare ciò che vede e iscriversi ad associazioni che offrono gite a Genova, a Torino o a Milano o chissà dove per seguire gli spettacoli che, alla fine, credono siano “migliori” di quelli proposti in città. Diciamo che il motto nemo propheta in patria, qui è stato proprio preso alla lettera. In maniera autolesionista, direi.

Nonostante l’importanza di progetti pensati per il coinvolgimento dei giovani, fatta eccezione per quelli rivolti direttamente alle scolaresche (non sempre per altro di successo), gli spettacoli hanno un pubblico pericolosamente bloccato in una fascia di età decisamente matura. Il che è un problema nazionale, è chiaro: ovunque si è innalzata l’età anagrafica degli spettatori ma mentre altrove si cerca di conquistare nuove fasce di utenza attraverso proposte innovative, qui si preferisce continuare su una linea già rodata con la paura di perdere quel pubblico fidelizzato a fatica. E naturalmente, per mere ragioni anagrafiche, i numeri si assottigliano proprio nel momento il cui la crisi riduce le risorse disponibili.

Posto che nessuno ha in mano la soluzione al problema, io credo che nei momenti di crisi – e quello che il Paese sta attraversando non penso sia sul punto di risolversi – occorra affrontare di petto i problemi e non cullarsi nella possibilità di dare al pubblico ciò che il pubblico si aspetta. Il pubblico va scioccato, sorpreso, allontanato, incuriosito e così riconquistato. Solo in questo modo lo si porta davvero a quella maturazione per la quale la cultura diventa indispensabile.

Non è un processo semplice, non è indolore e non è veloce ma per condurlo occorre cominciare subito: piantare adesso il seme e cominciare proprio scardinando dal savonese l’idea che ciò che si fa qui non ha il medesimo valore di ciò che avviene altrove. Pensare che per fare cultura ci si debba rivolgere a profeti più o meno d’accatto venuti da fuori è, mi scuseranno i miei concittadini, provincialismo. In un mondo il cui ombelico è la multimedialità quale valore ha oggi la corsa al personaggio televisivo, al grosso nome che viene da noi con la sufficienza di chi aggiunge una data alla tournée pensando che certo non sarà la madre di tutte le date? E ancora: per esportare il nome di Savona in Italia, a cosa serve avere qui la star che di date, nella stessa stagione, ne fa altre cento? Nessun giornale nazionale presta attenzione a una replica uguale a mille altre. Ma se Savona credesse in se stessa e se i miei concittadini sentissero l’orgoglio di dire io sono Savonese perché a Savona si fa questa cosa e questa cosa non si fa in nessun altro posto del mondo, se vuoi te la vendiamo, oppure vieni qui a vederla perché noi non siamo gli spettatori ma siamo quelli che lo spettacolo lo fanno, beh, se così fosse il mio di orgoglio cittadino crescerebbe tanto che essere parte di questo cambiamento per me sarebbe esaltante quanto vitale.

Savona è piena di talenti, ha giovani che hanno idee, ha progetti, ha voglia di fare. Per favore, proviamo insieme a credere in tutto questo per far nascere qui qualcosa di unico. Perché noi non possiamo accontentarci di essere una Genova o una Torino in sedicesimo, perché non lo saremo mai. Dunque, possiamo solo aspirare ad essere noi ma unici ed irripetibili.

So bene che il mio è un discorso “antipolitico”, perché la politica ha la necessità di “accontentare tutti” per non perdere il sostegno. Ma oggi questa non può più essere la via: ciò in cui abbiamo creduto è stato spazzato via dalla crisi. Noi siamo quelli del dopo. E le ricostruzioni sono sempre molto faticose.


Scritto da: Emanuela E.Abbadessa, scrittrice

emainuela e abbadessa

Campus Universitario e Comune per la smart city

1 aprile 2014
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Caro Livio, intervengo sulle pagine del tuo blog per riassumere in merito al progetto nel settore dell’energia sostenibile che è stato di recente portato a termine nelle strutture universitarie del Campus di Legino e per proporti qualche commento in merito ad una possibile evoluzione dello scenario cittadino, mirata all’aumento della qualità di vita dei cittadini savonesi, che un binomio forte Municipalità-Università potrebbe far scaturire.

Come sai, abbiamo da poco inaugurato al Campus di Savona la Smart Polygeneration Microgrid (SPM), primo esempio di microrete energetica intelligente in Italia, concepita e progettata dall’Università di Genova e realizzata da Siemens. Essa rappresenta un vero e proprio laboratorio per sperimentare la smart city, in futuro replicabile su più ampia scala.

 

La microgrid di Savona è “smart” perché in grado di gestire in modo efficiente l’energia prodotta al suo interno, bilanciando generazione e carichi con conseguenti risparmi economici e riducendo l’impatto ambientale dal punto di vista delle emissioni di CO2.

Paragonabile a un quartiere cittadino con funzioni urbanistiche differenziate, il Campus è ora quasi completamente autonomo per consumi elettrici e riscaldamento. Questo risultato è ottenuto grazie al collegamento di diversi impianti di generazione, rinnovabili e ad alta efficienza, governati da un software centrale, per una capacità complessiva di 250 kW elettrici e 300 kW termici.

Una gestione dell’energia intelligente è il presupposto per mettere al sicuro la nostra rete elettrica nazionale, ridurre gli sprechi e, importantissimo in questo momento storico, abbassare i costi della bolletta.

 

Il cuore della microrete di Savona è la sala di controllo situata sempre all’interno del Campus. Da qui è possibile supervisionare l’intero sistema e garantirne la gestione intelligente, seguendo strategie operative ideate e validate con successo dall’Università di Genova.

La piattaforma di energy management che sovrintende l’intera infrastruttura permette di prevedere i consumi globali, la generazione da fonte rinnovabile e di effettuare la pianificazione dell’esercizio, controllando in tempo reale le unità di generazione tradizionali presenti in campo ed  ottimizzando i cicli di carica e scarica dei sistemi di accumulo per valorizzare al meglio la produzione da fonte rinnovabile.

 

All’impatto positivo sull’ambiente dovuto alla riduzione complessiva delle emissioni di CO2, stimabile in 120 tonnellate/anno, si uniscono vantaggi anche dal punto di vista economico. Prima di tutto per quanto riguarda la gestione corrente, in quanto, grazie all’energia elettrica e termica autoprodotte, è possibile ridurre considerevolmente i prelievi di elettricità dalla rete esterna e il consumo di gas nelle caldaie tradizionali per il riscaldamento degli ambienti.

Risparmi che potranno essere impiegati dall’Università di Genova per il finanziamento di integrazioni tecnologiche ed impiantistiche ed in generale per ulteriori attività di ricerca sperimentale e dimostrativa.

 

Le componenti della micro rete si snodano all’interno del polo universitario. Nello specifico, vi sono tre microturbine a gas ad alta efficienza, un chiller ad assorbimento per la produzione contemporanea di elettricità, calore per il riscaldamento in inverno ed energia frigorifera per il raffrescamento in estate; una rete di teleriscaldamento; due colonnine di ricarica, due veicoli elettrici e due biciclette elettriche; tre parabole per la produzione di energia da solare a  concentrazione un impianto solare fotovoltaico; quattro quadri elettrici collegati tra loro ad anello; un sistema di accumulo elettrochimico in grado di bilanciare generazione e carichi e, se necessario, compensare gli sbilanciamenti dovuti alla variabilità della generazione da fonte rinnovabile; una dorsale di comunicazione basata su unità di raccolta dati, collocate nei quadri principali.

 

Con l’inaugurazione della nostra rete energetica intelligente si completa il primo tassello del progetto ‘Energia 2020’, un intervento ambizioso dell’Università degli Studi di Genova nell’ambito delle direttive comunitarie sull’energia sostenibile, che prevede la realizzazione presso il Campus di Savona oltre che della Smart Polygeneration Microgrid, di una “palazzina intelligente (smart building)” completamente eco-sostenibile ed automatizzata e di una serie di interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, con l’obiettivo di disporre di una struttura universitaria all’avanguardia dal lato del risparmio energetico e del comfort lavorativo. Nel corso del prossimo biennio 2014-15 contiamo anche di rafforzare la collaborazione virtuosa università-impresa con Siemens, per consolidare presso il nostro polo ciò che è ormai diventato un importante centro di competenza nel settore dell’energia sostenibile ed intelligente, con possibili ricadute formative per i nostri studenti.

 

Credo fortemente che sul tracciato prospettico appena delineato il percorso vada fatto in due: Comune di Savona ed Università. L’Università può mettere a disposizione le esperienze e le competenze sviluppate in questi anni, anche grazie alla realizzazione delle infrastrutture di ricerca appena descritte, senza dubbio uniche nel panorama internazionale, il Comune può prestarsi alla sperimentazione secondo il nuovo paradigma della smart city, ossia della Città che offre una nuova modalità di interazione tra cittadini ed Amministrazione, secondo le logiche della partecipazione e della condivisione delle scelte, ma anche della Città che sa far evolvere le sue infrastrutture energetiche, di trasporto, di comunicazione, di gestione ambientale nella direzione dell’aumento della qualità della vita dei suoi abitanti e della facilitazione delle relazioni (lavorative, sociali) che avvengono al suo interno. Savona, per le dimensioni non troppo estese del suo territorio, per il numero di abitanti relativamente limitato che la caratterizza e per una serie di attori economici importanti che insistono nella sua area (cito, a solo titolo di esempio, il porto), si presta a diventare una città “smart” a tutti gli effetti e la programmazione europea dei prossimi 7 anni (programma Horizon 2020) può garantire opportunità di finanziamento di progetti anche molto ambiziosi, che potrebbero far nascere anche un nuovo modello di sviluppo, con auspicabili ricadute occupazionali e perfettamente integrato alla filiera turistica, un modello basato sullo sviluppo di tecnologia per applicazioni nelle città: penso ai settori della domotica, delle reti di comunicazioni, della sensoristica intelligente, dei sistemi di monitoraggio energetico ed ambientale, dei sistemi di pianificazione e controllo, degli impianti di microgenerazione.

Oggi Comune ed Università stanno già marciando insieme su progetti importanti quali la definizione del Piano Comunale di Azione per l’Energia Sostenibile (Sustainable Energy Action Plan – Covenant of Mayors, Bruxelles) ed il progetto europeo Optimus (Optimizing Energy Use in Smart Cities), volto alla riduzione dei consumi e della bolletta energetica in alcuni edifici comunali. Tu hai valorizzato e ampliato questa collaborazione costituendo l’associazione Savona Smart City, partiamo ora con progetti concreti e puntiamo in alto in termini di innovazione e sperimentazione tecnologica, credo che saremo premiati e potremo offrire migliori servizi e nuove opportunità ai nostri concittadini.


Scritto da: Federico Delfino, Delegato del Rettore dell’Università degli Studi di Genova per il funzionamento del Polo Universitario di Savona


Chiamarlo amore non si può

25 novembre 2013
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Non era così scontato che per il numero zero del suo blog un uomo mi chiedesse di parlare di femminicidio. Ho apprezzato anche perché sul tema gli uomini non possono essere neutrali cavandosela con la spiegazione che la violenza avviene solo in casi sporadici o a crisi di coppie nelle  quali l’uomo è instabile .

Si dice femminicidio quando le donne sono ammazzate in quanto donne. Questa parola dovrebbe farci capire meglio cosa di brutto sta accadendo nella società .

Nel 2013 sono già stati più di 100 i femminicidi  e ancora di più i tentati omicidi;  si stima che almeno una donna su due è stata maltrattata o violentata almeno una volta nella vita. Per non parlare della subdola violenza psicologica che annulla ogni dignità.

Lo schema del femminicidio è pressochè identico. Ha poca o nessuna  importanza l’età della vittima o dell’assassino, o la loro collocazione sociale. Ci sono sempre un uomo e una donna che hanno una relazione: marito , moglie, fidanzati o amanti o ex. Ebbene per un motivo che può essere diverso la donna decide di troncare la relazione, in qualsiasi caso preferisce fare liberamente una scelta.

Ed ecco allora la parola chiave per capire: libertà. Si può infatti facilmente verificare che la furia omicida  nasce sempre di fronte ad una scelta di libertà.

Il femminicidio ha sempre una ragione precisa: l’uomo che lo commette non può accettare quella libertà perchè contrasta con l’idea che ha della donna e della sua relazione. L’idea della donna come proprietà indiscussa ed indiscutibile.

E qui veniamo alla seconda considerazione. Poiché una persona non può essere proprietà di alcuno è evidente che nella testa di chi la considera tale quella donna è un oggetto, un oggetto di piacere, un oggetto utile a fare figli, un oggetto che quando non funziona più come vorrei lo distruggo.

Tutto questo in un momento in cui quella lunga , silenziosa ma profonda rivoluzione femminile ha cambiato la donna ed ha messo l’uomo di fronte ad una situazione nuova.

La violenza nasce dal fatto che agli uomini viene ancora inculcato oppure si inculcano il dominio sulla donna ma questo dominio non esiste più.

L’uomo non è più sicuro di sé e del suo mondo. Il modello di maschio al quale vuole attenersi perché non ne conosce altri è fondato sul possesso del corpo femminile e sul silenzio della donna. Allora la violenza è il tentativo di negare, di respingere , di sopraffare quelle voci che oggi sono più alte, più autorevoli e che vogliono determinare la libertà e la vita.

La violenza è il modo orrendo  di ristabilire quel dominio e quel modello di maschio.

Il femminicidio è il tragico risultato di una competizione tra sessi che nessuna donna ha mai chiesto di fare.

Ci piacerebbe l’amore, l’armonia, il dialogo e la complicità nella diversità. La libertà femminile non deve far paura perchè fa crescere anche l’uomo e la sua umanità.

 

“Farà per te qualunque cosa

 e tu sorella e madre e sposa

 e tu regina o fata tu

 non puoi pretendere di più

.E forse per vendetta

 o forse per paura

 o solo per pazzia

ma da sempre tu sei quella che paga di più

 se vuoi volare ti tirano giù

e se comincia la caccia alle streghe la strega sei tu.”

E. Bennato  LA FATA


Scritto da: Isabella Sorgini, Assessore Promozione Sociale e Pubblica Istruzione del Comune di Savona

isabella sorgini